Roma, 30 Giugno 2015
Piazza del Campidoglio, Sala della Piccola Protomoteca
La diffusione nell’uso di sostanze psicoattive negli ultimi dieci anni, soprattutto tra le fasce più giovani, ha assunto contorni imprecisi e difficili da sondare sia perché sono cambiate le sostanze diffuse, sia perché sono variate le modalità di assunzione, traghettando la sottocultura della droga dal limite tra “normalità-devianza” verso modelli di socializzazione più legati a spazi-tempi aggregativi-ricreativi che a spazi di isolamento ed emarginazione.
Questa caratterizzazione del “consumo” condiziona la scarsa riprovazione sociale, la limitata percezione dei rischi connessi all’uso/abuso, una penetrazione più veloce nel tessuto giovanile, un arruolamento consistente di nuovi assuntori, un sistematizzarsi di vecchie e nuove abitudini assuntive, un’amplificazione della quota di abuso, una regressione dell’età di primo uso di sostanze, un approccio “funzionale” alle molecole chimiche, in particolar modo a quelle con caratteristiche stimolanti ed allucinogene.
Questi mutamenti rendono i consumatori più difficili da individuare e studiare e le strategie di prevenzione messe in essere inadeguate. Inadeguati risultano anche gli strumenti classici dell’epidemiologia richiamando la necessità di ricorrere al supporto di altre discipline (come la sociologia, l’antropologia) e impostando un’epidemiologia etnografica. I comportamenti individuali ed i valori, sui quali generalmente essi fanno leva, sono fortemente condizionati dalla riprovazione sociale e da ciò che viene percepito come “normale” (Botvin, 2000).
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Luca Di Censi e Francesco Fabi, Fattori di rischio e modelli di prevenzione nella popolazione studentesca. Quali strategie mettere in atto?
Laura Amato, Efficacia e sicurezza degli interventi di prevenzione primaria